LA PENSIONE DEI MEDICI : IERI – OGGI – DOMANI

ussmo I trattamenti pensionistici dei medici, a secondo dell’attività, svolta  ricadono in diversi sistemi previdenziali.

Data:
19 Maggio 2017

LA   PENSIONE  DEI   MEDICI  :   IERI  –  OGGI –  DOMANI

ussmo

I trattamenti pensionistici dei medici, a secondo dell’attività, svolta  ricadono in diversi sistemi previdenziali. In particolare qualora siano dipendenti da enti pubblici o da strutture private gli enti  a cui sono versati i contributi e pagheranno la pensione sono rispettivamente l’Inpdap e l’Inps.    Dal  2012 questi due istituti sono stati unificati pur mantenendo differenziate   norme specifiche. Nel caso di attività libero professionale ovvero in convenzione con il sistema sanitario nazionale l’ente di riferimento è la Fondazione Enpam  che attiva diversi Fondi pensionistici propri per gli iscritti all’Albo professionale ( Fondo generale quota A ), libero professionisti ( Fondo generale quota B ) medici  convenzionati con il sistema sanitario ( Fondo medicina generale o Specialistica ) medici  ambulatoriali ( Fondo medici ambulatoriali ).

Con la riforma previdenziale  del 2012  la Fondazione ha dovuto modificare alcune condizioni del passato che operavano più favorevolmente ai fini del diritto alla pensione ed al suo importo.                 Per quanto concerne l’età pensionabile, la riforma della Fondazione Enpam ha previsto  per tutti i fondi  un innalzamento graduale dell’accesso al trattamento di vecchiaia dai precedenti  65 ai 68 anni nel 2018, mentre per l’anzianità si è passati,  nello stesso arco di tempo, dai 59 anni e sei mesi  ai 62anni. In aggiunta all’età minima è necessario maturare un’anzianità contributiva di 35 anni e un’anzianità di laurea di 30 anni, oppure – a prescindere dall’età minima – un’anzianità contributiva di 42 anni e un’anzianità di laurea di 30 anni.                                                                                               La quota di pensione maturata fino alla fine del 2012 continuerà a essere calcolata con i vecchi criteri, né verrà toccato quanto assegnato antecedentemente : contributi ordinari, aliquota modulare, riscatti della laurea, allineamento. Per i fondi maggiori il metodo di calcolo della pensione resta il contributivo indiretto, che computa l’ammontare della pensione sull’intera vita lavorativa del medico e aggancia la rivalutazione all’inflazione anziché al Pil.
Nel fondo per la Medicina generale l’aliquota contributiva è rimasta fino al 2014 al 16,5 %, per i medici di medicina generale e al 15 % per i pediatri di libera scelta. Dall’anno successivo è salita gradualmente dell’1 % all’anno fino a raggiungere il 26 %, nel 2024 per i medici di medicina generale e nel 2025 per i pediatri. Nel fondo per gli specialisti ambulatoriali, che dal 2013 sono passati al contributivo indiretto come i medici di medicina generale, l’aliquota è rimasta  al 24 % fino al 2014 per poi aumentare di un punto all’anno fino ad allinearsi nel 2023 all’aliquota media dei dipendenti ( 32,65 % ). Per la quota B  relativa ai liberi professionisti l’aliquota è stata mantenuta  al 12,5 % fino al 2014, per poi crescere di un punto all’anno fino al 19,5% nel 2021.  E’ aumentata  anche la soglia oltre la quale scatta l’obbligo della contribuzione ordinaria, dai 70 mila euro del 2013 agli 80mila del 2014 fino al massimale Inps nel 2015. Per gli iscritti al Fondo generale  quota A ( obbligatoria per tutti i medici iscritti all’Ordine ) continua a essere esclusa la pensione anticipata ma scatta la possibilità di andare in pensione a 65 anni per chi sceglie il sistema di calcolo  pensionistico  contributivo su tutta l’anzianità maturata.                                                                         Se la riforma introdotta dall’Enpam appare abbastanza  semplice e lineare lo stesso non si può dire delle pensioni dei medici dipendenti. Il sistema previdenziale pubblico è stato assoggettato a ben 19  riforme negli ultimi 25 anni. La necessità di intervenire ripetutamente sul complesso delle norme è stata determinata dall’evidente condizione di sofferenza economica del settore. Infatti le caratteristiche precedenti se  hanno avuto, da un canto,  il privilegio di favorire i trattamenti pensionistici dei dipendenti, particolarmente del settore pubblico, hanno determinato  un enorme passivo strutturale della finanza previdenziale sino a farlo  giungere su l’orlo del suo fallimento. Fallimento che è stato, comunque, impedito solamente per il costante intervento di ripiano del deficit  attuato dallo Stato utilizzando quanto prodotto con il prelievo fiscale generale.

Se si pensi che sino al 1993 si poteva andare in pensione con appena 25 anni di contributi e senza alcun minimo di età anagrafica si comprende come facilmente il sistema  si è trovato in grave crisi. I primi provvedimenti sono, quindi, intervenuti, modificando questi parametri e si sono susseguiti nel tempo sino a prevedere  almeno 36/35 anni di contribuzione e 60/61 anni di età anagrafica per il raggiungimento della pensione anticipata di anzianità e i 65 anni per il pensionamento di vecchiaia.  Ma dove l’intervento modificatore è stato più incisivo è nel sistema di calcolo dell’importo pensionistico. Sino al 1995 la pensione veniva calcolata  sulla base dell’importo dell’ultimo stipendio in godimento ( pubblici dipendenti ) ovvero sulla media degli stipendi degli ultimi cinque anni ( dipendenti privati ). Si trattava del sistema di calcolo “ retributivo ” che  si basa sul trattamento  stipendiale  che fa sì che all’aumentare dello stipendio in godimento si accrescerà, anche, il trattamento pensionistico futuro. Dal  1996 è stato introdotto il sistema di calcolo, molto meno vantaggioso, definito  “ contributivo” e basato, anziché  sul trattamento stipendiale, su i contributi che si versano durante tutto il periodo  della vita lavorativa. Su questo accumulo è applicato un coefficiente che determina l’importo della pensione annua.  I coefficienti variano in ragione dell’età del richiedente il pensionamento : è maggiore per l’età più anziana, minore per  pensionamento anticipato. In pratica è più o meno 5 per cento  determinando, di fatto, un recupero in  20 anni di quanto, nel tempo, versato, ed incrementato sulla base della variazione del Pil.               Andando in pensione a 65 anni per  recuperare i contributi bisognerà vivere almeno fino ad 85 anni! La legislazione del 1995, ricordata come legge  “ Dini ”  dal  nome del primo ministro di allora, aveva ed ha, però, salvaguardato dal nuovo sistema di calcolo coloro che alla data del 31 dicembre 1995 potevano o possono vantare di aver maturato  un’anzianità contributiva di almeno 18 anni.                Per essi viene mantenuto il sistema di calcolo retributivo  fino a tutto il 2011.                              Infatti dal 2012  l’ennesima riforma,  detta “  Fornero ”,  ha costretto tutti a rientrare nel sistema contributivo anche se, per quelli che fortunatamente avevano potuto mantenere il vecchio e più vantaggioso retributivo, la parte di pensione relativa agli anni contributivi maturati sino al 2011 sarà calcolata pro quota con il sistema retributivo. La legge “ Fornero” non si è però limitata  ad intervenire sul  quanto pensionistico ma è stata fortemente restrittiva anche sul quando . Ha, infatti, innalzato a 66 anni il limite minimo per ottenere la pensione di vecchia correlandolo alla così detta speranza di vita, cioè il limite statisticamente prevedibile di sopravvivenza di uomini e donne. Inoltre la nuova legge ha eliminato la pensione d’anzianità introducendo un trattamento anticipato, oggi possibile  con 41 anni  e 10 mesi per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini. Anche questi limiti, nettamente superiori ai 40  anni richiesti nel  passato, sono soggetti all’incremento sulla base della speranza di vita.                                                                                                                      L’orizzonte pensionistico  si allontana sempre di più. Vengono richiesti sempre più numerosi  anni di contribuzione, per ottenere una pensione non sempre adeguata, e più anni di attività per costringere il dipendente a   ritardare l’uscita dal posto di lavoro. Ma se questo può avere un effetto positivo sul bilancio complessivo dell’ente previdenziale,  ha, oltre ad angustiare la vita degli  interessati, un  effetto negativo sull’ occupazione : non si liberano posti di lavoro per i giovani  se  questi continuano ad essere  occupati dagli anziani.

Il Governo, a fine 2015, ha cercato di limitare, almeno per alcuni, l’impatto delle norme più restrittive ed ha introdotto delle condizioni che possono anticipare il momento del pensionamento :                                                                                    

L’Ape, l’anticipo pensionistico è, di fatto,  un vero  e proprio prestito bancario che viene concesso in favore dei lavoratori prossimi alla pensione di vecchiaia. La restituzione avviene dalla data di perfezionamento dei requisiti anagrafici previsti per l’accesso al trattamento e  per un massimo di venti anni. Una polizza assicurativa obbligatoria copre il rischio di premorienza.                                 L’Ape potrà essere estinto anche anticipatamente una volta conseguita la pensione di vecchiaia                          L’accesso all’Ape – istituito in via sperimentale fino  al 31 dicembre 2018, era previsto  dal 1° maggio 2017 ma a causa di alcune  disposizioni integrative che tardano a definirsi tale limite sarà spostato di qualche settimana.  I lavoratori interessati devono avere almeno 63anni, con venti anni di contributi, e devono maturare il diritto alla pensione di vecchiaia entro tre anni e sette mesi. L’anticipo potrà quindi avere una durata massima di tre anni e sette mesi mentre quella minima è stata fissata in sei mesi. L’Ape, è bene ricordarlo, essendo un prestito che sarà onorato negli anni successivi, è esente da imposizione fiscale.  In caso di premorienza durante il periodo di anticipo o dopo il pensionamento, ma prima di aver completato la restituzione del prestito, l’assicurazione ripaga il debito residuo e la pensione di reversibilità ai superstiti verrà corrisposta senza recuperi. Dopo vent’ anni dal pensionamento, l’importo previdenziale tornerà al suo livello normale.           La pensione al netto della rata da restituire,  non potrà essere inferiore a 1,4 volte l’assegno previdenziale minimo ( 700 euro mensili ), e la rata dell’Ape o di eventuali altri prestiti non dovrà superare il 30 % della pensione. Sarà  del  2,75 %  il tasso da applicare  sull’importo da restituire in 20 anni  e la detrazione fiscale del 50 % sulla quota di interessi e sul premio assicurativo                                                                                                      E’ stato poi stabilito che il limite massimo di anticipazione che si potrà chiedere è basato sulla   durata dell’anticipo  ed è   articolato in 4 fasce :                                                                                               – il 75 % della pensione netta se l’anticipo sarà di non meno di 36 mesi;                                                             – l’ 80 % per un periodo compreso da 24 a meno di 36 mesi                                                                                – l’ 85 % per un periodo compreso da 12 a meno di 24 mesi                                                                     – il 90% per meno di 12 mesi                                                                                                              Inpratica viene “ calmierato”  l’importo di riduzione  della pensione  relativo alla rata da pagare,  per 20 anni,  dal  momento  del raggiungimento  dell’età effettiva per il conseguimento della  pensione di vecchiaia secondo i parametri previsti dalla  legge  Fornero.                                             I possibili vantaggi sono l’evidente anticipo del pensionamento di vecchiaia, oggi previsto in 66 anni e 7 mesi e che si innalzerà ancora in futuro grazie all’incremento della speranza di vita; il modesto tasso di interesse sull’anticipazione pensionistica, la non assoggettibilità alle trattenute fiscali di tale anticipazione; l’intervento dell’assicurazione nel caso di premorienza con la ricostruzione in forma integrale del trattamento di reversibilità. Gli svantaggi sono legati al fatto che per venti anni si avrà un importo pensionistico ridotto a causa della rata di pagamento del prestito.

Nei prossimi mesi del 2017  alcune particolari categorie di lavoratori precoci potranno accedere alla pensione anticipata con 41 anni di contribuzione ( 2132 settimane contributive ) a prescindere dall’età anagrafica.  

Il beneficio viene riconosciuto a tutti i lavoratori iscritti presso l’assicurazione generale obbligatoria che possono  vantare  almeno 12 mesi di contribuzione per periodi di lavoro effettivo precedenti il raggiungimento del diciannovesimo anno di età, e che si riconoscono in uno dei seguenti profili di tutela  :                                                                                                                                                               a) si trovano in stato di disoccupazione;                                                                                            b) assistono, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità;                                                                                       c) hanno una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, superiore o uguale al 74%per cento;                                         d) sono lavoratori dipendenti. (fra questi gli infermieri e le ostetriche di sala operatoria turniste).                                                                                                                      Nessun riferimento è stato fatto nella legge ai medici dipendenti, peraltro già ritenuti  ( rianimatori, chirurghi d’urgenza e di pronto soccorso ) nel passato  rientranti nella categoria degli usurati e poi abbandonati all’oblio, e ai medici che operano in turnazione ed attività notturne.                               La pensione conseguita con l’agevolazione in questione non è cumulabile con redditi da lavoro, subordinato o autonomo, per un periodo di tempo corrispondente alla differenza tra l’anzianità contributiva e l’anzianità contributiva al momento del pensionamento. Ad esempio un pensionato che esca con 41 anni di contributi non potrà lavorare per un periodo successivo alla pensione pari ad un anno e 10 mesi se uomo o a 10 mesi se donna..

La legge di Bilancio per il 2017 ha apportato modifiche positive  al cumulo dei contributi, previsto in forma non onerosa, introdotto dalla legge 228/2012. Rispetto alla norma originaria, il cumulo rappresenta una nuova soluzione di utilizzo  di anzianità contributive frammentate, non solo fra  le diverse gestioni Inps ( ex Inpdap, ex Ipost, Gestione Separata Inps ), ma , ed è questa la novità più importante del provvedimento, anche presso le forme pensionistiche obbligatorie dei professionisti come il caso dell’Enpam  potendo così recuperare i periodi di contribuzione Enpam anche prodotti al Fondo generale quota A e non coincidenti con altre contribuzioni o periodi riscattati.                           Il risultato del cumulo consiste nella possibilità, per i richiedenti, di ottenere un trattamento pensionistico di vecchiaia o  anticipata o di inabilità, unitario e comprensivo della contribuzione prodotta nelle diverse gestioni o fondi.  

Infine l’ opzione donna : le lavoratrici dipendenti e le autonome possono andare in pensione anticipata rispettivamente a 57 e 58 anni nel caso possiedano almeno 35 anni di contributi. Per poter beneficiare della misura, le lavoratrici devono aver maturato questi requisiti entro il 31 dicembre 2015. A partire dal 2013 l’età minima della pensione anticipata è stata aumentata di 3 mesi sia per le lavoratrici dipendenti che per quelle autonome.  Pertanto il beneficio avrebbe compreso soltanto le nate fino al settembre del 1958 ( dipendenti ) o al settembre del 1957 ( autonome ). Grazie alla Legge di Stabilità 2017, l’opzione donna, è stata estesa allelavoratrici dipendenti che sono nate da ottobre a dicembre del 1958 e a quelle autonome che sono nate tra ottobre e dicembre del 1957, fermo restando che a causa della così detta “ finestra mobile “ la decorrenza della pensione anticipata scatterà 12/18 mesi dopo la maturazione dei requisiti di età e anzianità contributiva.  Ricordiamo che, per coloro che  decidono di avvalersi dell’opzione donna  l’importo della pensione sarà calcolato con il sistema contributivo, pertanto con  una decurtazione non indifferente.

                        CLAUDIO   TESTUZZA     15      MAGGIO  2017

Ultimo aggiornamento

19 Maggio 2017, 10:21